La sfida del riuso sociale dei beni confiscati a Castel Volturno
La città di Castel Volturno ha vissuto in questi 40 anni la più grande opera di devastazione ambientale e di marginalizzazione sociale di tutto il Sud Italia e non solo. Un territorio ricco di potenzialità e di risorse tanto naturali quanto sociali è stato preda per anni del potere megalomane e violento dei clan dei Casalesi.
In un Paese in cui la disoccupazione generale e quella giovanile sono ai livelli del dopoguerra, Castel Volturno come molti comuni del Sud ha un tasso ben superiore alla media generale italiana. Uno scenario che necessita di politiche e di modelli di sviluppo per creare lavoro, welfare, cultura, risanamento ambientale.
La situazione ambientale intreccia l’abusivismo edilizio in diverse zone della città con la mala gestione di questi anni sui rifiuti, nonché lo sversamento di rifiuti speciali in alcune aree delimitate del territorio. Oltre 110 beni confiscati sono presenti e disposti nelle diverse zone della città. Dal litorale destra Volturno, alla Baia Verde, alla Pineta Grande e la Pineta Mare, al litorale Domizio. La situazione dei beni confiscati è quindi diffusa su tutto il territorio di Castel Volturno.
Crediamo che sia fondamentale incrociare bisogni del territorio, domanda ed offerta del mondo sociale, culturale, civile ed economico del territorio per costruire la prima grande occasione di riuso sociale complessivo e pianificato dei beni confiscati in un territorio. Un lavoro che crediamo vada portato avanti con lo strumento della partecipazione diffusa; incrociando il lavoro di coinvolgimento diretto dei cittadini con le esperienze sociali del territorio, quelle associative, del mondo del lavoro, del riuso dei beni confiscati sul territorio. Castel Volturno può diventare la prima vera esperienza di una città a completo riuso sociale dei beni confiscati.